mercoledì 19 ottobre 2011

Per integrare basta poco...volendo...

Cari lettori,

Oggi era mia intenzione darvi un resoconto più 'fattista' della contestazione a Giovanardi, dopo aver ricostruito in maniera 'istituzionale' la vicenda sulle pagine del PRIMO Giornale.

Ma poi mi è capitato di assistere a un fatto che mi ha colpito particolarmente, e del quale volevo trattare con immediatezza.

Rinvio quindi ai prossimi giorni (domani?) il 'servizio' (anche anche fotografico) del sit-in che l'Onda Nera ha inscenato sotto la sede dei 'Popolari Liberali'.


Veniamo alla vicenda di cui dicevo poco sopra...

Mentre mi trovavo in un luogo che fornisce la possibilità di utilizzare una postazione Internet, sono entrati un papà e un bambino stranieri, di etnia maghrebina.

Dovevano compilare una sorta di questionario sul sito della scuola media frequentata dal piccolo.

Ora, a parte il fatto che non si dovrebbe dare per scontato che tutti -italiani o stranieri che siano- possano usufruire di una connessione ad Internet, dato questionario si presentava SOLO in lingua ITALIANA, e inoltre con domande che cotenevano termini non propriamente di uso quotidiano.

Il bambino, evidentemente più ferrato con la nostra lingua rispetto al padre, cercava di interpretare alla meno peggio quanto scritto sul video, glielo traduceva nella propria lingua, e poi tentavano di dare una risposta, aiutati anche dall'operatore del 'luogo'.


Ora, è vero che una delle vie principali all'integrazione è l'apprendimento della lingua del Paese 'ospitante', ma è altrettanto vero che nel 2011, con scuole dove capita di avere classi a maggioranza di bambini stranieri, non penso sarebbe chiedere troppo avere il suddetto questionario presentato almeno anche nelle principali lingue 'internazionali'.

Oltretutto, l'affiancamento simultaneo di una frase, ad esempio, in 'italiano' e in 'francese', farebbe si che vi sia anche un apprendimento dell'italiano stesso.


Chi scrive è un semplice cittadino, che a parte il web, non ha strumenti per portare avanti certe 'battaglie'. Per cui chiedo a qualche amministratore locale (assessore, consigliere, ecc.) di proporre un'interpellanza, una mozione, qualcosa, invitando le scuole legnaghesi a fare qualche piccolo sforzo in più per l'integrazione.

Basta poco...volendo...

12 commenti:

  1. Chi non sa l'italiano non dovrebbe stare in Italia

    RispondiElimina
  2. se stessero a casa loro questi problemi non ci sarebbero!!

    ciao da marco M.

    RispondiElimina
  3. Caro Federico, la legge italiana (già col DLGS 286/98 e poi col DM 4/6/10 prevede che chi siano effettuati test per saggiare la conoscenza della lingua italiana degli stranieri soggiornanti in Italia da lungo periodo.
    Sostengo che quel papà debba fare maggiori sforzi per conoscere la lingua del paese che lo ospita.
    Lo dico senza razzismo.
    Ciao

    RispondiElimina
  4. @anonimo: Metà degli 'italiani', dunque...compresi alcuni politici...a partire da Legnago...

    @Marco M.: bel modo di ragionare...complimenti vivissimi...

    @Pavel: Concordo...se magari mettiamo in campo anche qualche strumento in più per agevolare questo suo apprendimento, facciamo un favore sia a lui che a noi...no?!

    RispondiElimina
  5. io penso che se quel papà non sà l'italiano allora quasi sicuramente non avrà un lavoro e probabilmente lo dobbiamo mantenere noi con le nostre tasse!

    forza Longhi sono con tè!
    Marco M.

    RispondiElimina
  6. Per me non è il lavoro il metro dell'integrazione.
    Anzi lo stesso concetto di integrazione non mi piace perché significa che entrambi, io e magari questo bravo papà magrebino, perdiamo qualcosa di nostro pur di vivere insieme.
    Io ho rispetto per quel papà che addirittura accompagna il bambino ad una postazione internet. Però deve imparare l'italiano. punto e basta

    RispondiElimina
  7. Scusate ma allora per i cinesi bisognerebbe scrivere anche nei loro caratteri visto che non capiscono nè francese nè italiano? Io penso che chi decide di vivere in Italia debba adeguarsi a noi. Molte volte invece sento extracomunitari che si rivolgono nella loro lingua ai loro figli e di certo questo non è un buon punto di partenza per integrarli alla nostra società...Maurizio Costantini.

    RispondiElimina
  8. Già se lavorasse? Se viene da un paese povero dove l'istruzione è un lusso ma l'onestà e il bene per il figlio no? E per quel bimbo nato magari a Legnago noi non possiamo sforzarci di scrivere in 2 lingue? Sai Federico nella mia attività di aiuto al sociale sono intervenuta in una azienda agricola di un comune vicino a noi, questo signore italiano assume extracomunitari per raccogliere verdure e li paga in nero 50 centesimi a cassa, lavorano come bestie al caldo al freddo dal mattino alle 6 sino alla sera alle 21 per circa 14 euro al giorno.L'onestà non ha colore ne paese...come la coscienza! Elenalaura.Z.

    RispondiElimina
  9. Caro federico,

    In primis i numeri: questo tuo ultimo scritto è tra i più "gettonati": se l'articolo avesse avuto come oggetto il signoraggio bancario della BCE o la truffa usuraia di Unicredit (truffato per 245 milioni di euro, provocando un danno al fisco italiano di 745 milioni di euro)forse i link sarebbero calati improvvisamente..detta alla Orwell: "tutte le tematiche sono uguali ma qualche tematica è più uguale di altri..."

    Venendo al tuo saggio e interessante intervento; a mio parere l’unico dovere di un immigrato è quello che ha, o dovrebbe avere (il condizionale purtroppo è d'obbligo), ogni cittadino italiano: rispettare le leggi del nostro Paese. Integrarsi è una possibilità, non un obbligo. Se uno vuole mantenere integralmente la propria cultura è libero di farlo tranne che negli aspetti in cui questa cultura contrasta con le leggi dello Stato. Citandoti l'orco Massimo Fini (un mostro modernista perchè censurato, peggio di una strega):"generazioni di italiani hanno vissuto a New York, a Brooklin, senza spiccicare una parola di inglese, e ancora oggi, fra i più anziani, esistono persone che non parlano la lingua di quel Paese, ma nessuno dubita che siano cittadini americani a tutti gli effetti, con gli stessi diritti, e gli stessi doveri, degli altri americani".un esempio di profonda integrazione delle diversità (non certo la plastificata "integrazione nella diversità" di marca Bruxelles) ci viene fornita dall'impero Austro ungarico dei secoli scorsi: si era efficienti, efficaci, produttivi, uniti ed integrati pur mantenendo delle peculiarità specifiche: gli austriaci,i rumeni, gli ucraini, i sebocroati, gli ungheresi ecc... avevano delle abnormi diversità (religiose, economiche, sociali, tradizionali) ma erano un popolo "unico" una sola "nazione" guidata dal Kaiser. si era uniti (sotto la legge, il kaiser, l'unità dell'impero) pur mantendendo delle massicce diversità tra i suoi undici gruppi etnici.
    Ora non dico di avere l'ardore di contattare un Kaiser a Legnago;al momento prendiamo per buona la tua proposta: è un sensato segno di "comunicazione condivisa".

    Un caro saluto,

    il tuo amico e "collega" di penna,

    Paolo Cecco

    RispondiElimina
  10. >io penso che se quel papà non sà l'italiano allora quasi sicuramente non avrà un lavoro e probabilmente lo dobbiamo mantenere noi con le nostre tasse!

    forza Longhi sono con tè!
    Marco M.


    Marco Emme, ti consiglio di andarti a ripescare il sussidiario delle elementari.

    Scoprirai, con tua grande sorpresa, che "te" (pronome) e "sa" si scrivono senza accento. Entra anche tu nel magico mondo dell'ortografia, Marco Emme!

    RispondiElimina
  11. Secondo me ci sono differenti livelli di linguaggio. Un conto è la lingua "sociale" (quella che serve per intrattenere relazioni come il chiacchierare, fare la spesa, seguire un programma sportivo), mentre un altro è il riferimento a un gergo specifico e tipico. Mi spiego con un esempio: tutti noi capiamo un fumetto ma quanti si sono tuffati nella comprensione di un contratto di conto corrente bancario? Eppure sono scritti in italiano entrambi... Il primo però è un livello di linguaggio più semplice e sdoganato, l'altro no, è una dimensione tecnica e "istituzionale" (il "banchese"). Nessuno vuole che i menù dei ristoranti (avviene però quando i tedeschi al lago portano i soldi) o i cartelli stradali siano scritti in arabo o in cinese. Però secondo me, l'articolo è condivisibile: la burocrazia, che ha un livello di linguaggio spesso tecnico e istituzionale, potrebbe affiancare lingue diverse per facilitare chiunque abbia a che farne. D'altronde anche noi italiani, all'università impariamo livelli differenti di linguaggio. A legge, per esempio, si studia inglese giuridico che è ben differente e molto più complicato dell'inglese parlato quotidianamente. Quindi, uno che conosce un livello di inglese, potrebbe anche non sapere qualche altra dimensione della medesima lingua. E poi, sinceramente, non è che si faccia tanta fatica o ci cambi la vita in peggio se un documento d'iscrizione scolastica venisse scritto in italiano e arabo (per dire). Se questo aiuta tutti, ben venga. Preciso che, comunque, anch'io sono convinto che buona regola per rimanere in un paese sia quantomeno conoscere la lingua a un livello "sociale" ma più che altro a vantaggio dello "straniero" che avrebbe più possibilità di inserirsi.

    P.S.
    @ Anonimo 1:"Chi non sa l'italiano non dovrebbe stare in Italia"-allora mia nonna di Villa Bartolomea che conosce solo il dialetto se ne dovrebbe andare? Ok, le dirò di fare le valigie...

    @ Marco M. "io penso che se quel papà non sà l'italiano allora quasi sicuramente non avrà un lavoro e probabilmente lo dobbiamo mantenere noi con le nostre tasse!"-spero vivamente che tu sia un troll perché altrimenti è meglio se te ne vai a casa a sotterrarti... Guarda che se hai un lavoro è per miracolo visto che per tua stessa ammissione se non si conosce l'italiano si fa fatica a trovare occupazione. E tu l'italiano proprio non lo sai...

    Mattia Tasso

    RispondiElimina